Postare a ritmi regolari non fa per tutti quelli che come me possono a oggi considerare la scrittura soltanto un piacevolissimo passatempo, un arricchimento della propria vita, una sottile soddisfazione ma non il perno dell’universo intero. Chi mi conosce sa che la mia non è una posa ma un’effettiva necessità. E che fissare su un foglio di word i miei voli di fantasia è davvero una fatica immane, a cominciare dal reperire spazi e tempi idonei che non vadano a intaccare i miei mestieri di madre e docente. Forse è per questa ragione che ho lasciato che questa mia passione antica finisse nel dimenticatoio per moltissimo tempo, soffocata da esigenze più contingenti e immediate. Ma non è servito, perché come il fuoco che cova silenzioso sotto la cenere, il gran piacere dello scrivere è riaffiorato non appena la vita mi ha permesso di guardare con maggiore indulgenza alla vera me stessa, bisogni scrittori compresi.
Ieri sera ho terminato la stesura di una cosa un po’ più complessa di una silloge di racconti. E’ un romanzo che ora dovrò sottoporre a una paziente opera di labor limae prima di mandarlo per le vie del mondo e provare a pubblicarlo. Per una impatiens cronica come me la fatica in questo frangente è stata doppia. Da una parte pensare a scrivere qualcosa che potesse interessare potenziali lettori nel mare magnum delle pubblicazioni di autori esordienti e/o emergenti; dall’altra la possibilità di intravvedere sempre a breve la parola “fine” in tutto quello che faccio. Una mera utopia, lo ammetto, e uno spigolo del mio carattere difficile da smussare. La vita mi ha insegnato che ci sono attimi dalla durata eterna e periodi lunghissimi bruciati nel breve interludio di un battito di ciglia. Il difficile sta nel ricordarsene al momento giusto cercando di tradurre la teoria in pratica reale.
La mia proposta di oggi per voi è una poesia scritta nel 2008 da vedere con semplicità come una finestra sulle sfumature e sulle pieghe nascoste del mio sentire
Buona lettura e a presto
Quaderno dell’anima
Se un giorno decidessi
di fermare
i miei pensieri peregrini
sceglierei un quaderno
piccolo, compìto, sottile.
Un quaderno discreto
per dare voce ai miei sogni,
del giusto formato
e nulla più.
Da conservare
sotto il cuscino
e da sfogliare spesso.
Lo riempirei di odori
e di profumi,
di colori dalle mille
e più bizzarre
sfumature,
in un crescendo di sensazioni
visive, olfattive,
tattili.
Gli darei il gusto
forte e deciso
della speranza,
gridata a piena voce,
ma anche sussurrata
sommessamente
e poi
silenziosamente
taciuta.
Ma non per tema
di mostrarla, anzi:
per mantenerne sempre
impronta durevole
nel mio cuore,
serbandola
come
in un prezioso
tabernacolo.
E poi affiderei
la mia anima alla
brezza leggera
primaverile.
La mia anima
e i suoi guizzi infiniti,
pagine svolazzanti
di un piccolo quaderno
affidato a un soffio di vento
dispettoso, scherzoso,
in un giorno di marzo.
Odoroso di sole pioggia e nuvole
e alla fine
trionfo
di arcobaleno cristallino.
Lucia Guida
photo by Jeannette Woitzik

