Recensioni d’antan. “Questo indomito cuore” di Pearl S. Buck

Secondo anno consecutivo come articolista freelance per Mentinfuga, rivista web  indipendente con la prima recensione di un romanzo della scrittrice americana Pearl S. Buck.
Buona lettura a tutti
A presto


RECENSIONI D’ANTAN. “QUESTO INDOMITO CUORE” DI PEARL S. BUCK

Che cosa accade quando in una vecchia libreria domestica trovi libri di grande narrativa straniera nelle loro prime edizioni italiane? Incuriosita provi a leggerli. E scopri che accanto alla traduzione che rispecchia fedelmente gli standard linguistici dell’epoca c’è la freschezza e l’attualità di capolavori senza tempo. Ecco Questo indomito cuore di Pearl S. Buck.
Susanna Gaylord è una talentuosa e giovane ragazza americana. Vive in una piccola città americana di provincia negli anni trenta in una famiglia composta da padre, professore universitario e musicista mancato, madre e Maria, personaggio emblematico, che mal sopporta il fatto di avere accanto a sé una sorella così geniale. Susanna si percepisce da sempre come una outsider nell’ambiente di provenienza pur mantenendo un basso profilo per rendersi bene accetta al suo entourage; il suo sogno è quello di realizzarsi come Donna formando una famiglia con Marco, suo ex compagno di scuola che la adora da sempre, continuando in parallelo a coltivare il dono artistico che possiede da bambina conducendo un’esistenza tranquilla in un contesto urbano in cui poco posto è lasciato ai desideri e alle aspirazioni femminili. Sceglie di diventare madre perché considera la maternità un ulteriore modo creativo per infondere la vita che scorre attraverso le opere in creta che realizza.
Queste velleità trovano grande risonanza in suo marito che pur rendendosi conto della disparità culturale che li separa è ben intenzionato a supportare per quanto possibile sua moglie sino alla fine dei suoi giorni, arrivando a sacrificare la sua vita così come Susanna, quanto meno all’inizio della loro biografia coniugale ha fatto, negandosi opportunità di crescita all’estero.  La perdita del coniuge dà a Susanna, che non vuol restare intrappolata in un’esistenza piatta e incolore, la forza di intraprendere quel viaggio di rifinitura artistica e culturale a Parigi tanto caldeggiato da uno dei suoi maestri, l’affermato scultore Barnes. Susanna parte accompagnata da Giovanna, tata tuttofare dei suoi figli Giovanni e Marzia, con poche sostanze e molto entusiasmo. A Parigi oltre ad affinare la sua arte ha la possibilità di riscoprire la sua femminilità grazie a Blake Kinnaird, americano, artista a tempo perso appartenente a una facoltosa famiglia che se ne innamora e in poco tempo la convince a sposarlo. Rientrata negli Stati Uniti Susanna mal si adegua alla routine tipica di un’agiata moglie newyorkese e a un sentimento in cui riconosce una certa manipolazione da parte dell’uomo che ha accanto. Pian piano riprende la sua attività di scultrice incoraggiata da Michele, giovane pittore estremamente capace anche se non particolarmente convinto della sua abilità, e dal suo antico mentore Barnes ottenendo risultati notevoli sino a diventare un’artista affermata a dispetto di una società che mal sopporta donne dai meriti particolari capaci di vivere di luce propria invece che di luce riflessa. Il personaggio di Susanna è dalla Buck ben tornito; scolpito con la stessa abilità che la sua eroina mette nella forza con cui si cimenta materialmente e simbolicamente nella creazione di statue dalla grandezza imponente ricavate da blocchi di marmo pregiato, mentre il suo secondo marito resta prigioniero altrettanto metaforicamente in un’arte sterile che vorrebbe essere innovativa ma che non vi riesce restando mero esercizio virtuosistico di abilità fine a sé stessa. Susanna, al contrario, fa tesoro di quanto la vita le ha consentito di apprendere sublimandolo in opere in cui con sapienza coniuga tecnica e capacità di interpretare l’anima di chi ritrae creando uno stile suo, personale e particolare, che le consente di ottenere il plauso di critici importanti come Hart e Barnes. Il sacrificio della sua vita privata (divorzierà da Blake riprendendosi quella parte di sé stessa di cui il marito l’aveva privata tentando di adeguarla alla sua idea preconcetta di compagna di vita)  le consentirà di vivere in equilibrio con la propria interiorità, portando con sé soltanto gli affetti più cari: i suoi due figli, la fedele governante, sua madre, Barnes. Quelle persone che in maniera disinteressata le hanno consentito di realizzarsi come Donna ma soprattutto come Persona in tempi in cui la società e le consuetudini avrebbero voluto per lei strade diverse. Con un ritorno felice al punto di inizio di questa storia: la fattoria in cui ha intrapreso i primi passi d’artista ai tempi del primo matrimonio, in un ambiente lontano dalla città in cui è nata abbastanza per continuare a esercitare talento e abilità in una riconquistata prospettiva esistenziale essenziale e feconda.
Lucia Guida

*Letto nell’edizione del 1940 di Arnaldo Mondadori per la collana Medusa

Note biografiche su Pearl S. Buck (ndr)

Pearl S. Buck nasce nel 1892 a Hillsboro, West Virginia. Figlia di migranti di origine europea si trasferisce da bambina con i suoi genitori missionari della chiesa presbiteriana in Cina dove assorbe molto della civiltà del popolo con cui vive a stretto contatto. Nonostante i frequenti rientri in America conserva un legame forte con la Cina ritornandovi più volte dopo aver conseguito negli Stati Uniti la laurea in letteratura inglese che le varrà la docenza in quest’ambito all’Università di Nanchino prima di riparare successivamente in Giappone. Vincitrice dell’ American Academy of Arts and Letters , del premio Pulitzer nel 1932 per il romanzo The Good Earth e successivamente nel 1938 del premio Nobel per la letteratura. Sensibile a tematiche sociali con riferimento soprattutto all’infanzia deprivata dei bambini di tutto il mondo fonda la “Pearl S. Buck International”. Lascia un’eredità letteraria consistente pari a oltre ottanta opere di varia tipologia di cui alcune scritte sotto pseudonimo. Muore nel Vermont nel 1973 di cancro chiedendo che il suo nome venga riportato sulla lapide in caratteri cinesi come omaggio alla sua patria di elezione.

NB: L’articolo in originale è qui 

Reading Tips: “La Brughiera” di Thomas Hardy e “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” di Michele Ruol

L’estate è meravigliosa per le possibilità extra di lettura che offre a ciascuno di noi. Questi i miei primi suggerimenti estivi per il 2025 per chiunque si fidi delle mie capacità di un’autrice che è in primis lettrice curiosa. La prima proposta, un capolavoro del mio autore preferito della letteratura inglese, è presa dalla mia personale biblioteca, quella costruita attraverso decenni di vita e di letture; la seconda, già finalista al Premio Strega ma da me scelta in base a criteri che poco hanno a che vedere con questa popolare kermesse letteraria, è un’opera prima di un autore a mio avviso interessante per gli spunti di riflessione che offre e che non sono semplicemente scrittorii.
A presto

Lucia

La Brughiera

Clym Yeobright, affermato e benestante tagliatore di pietre preziose a Parigi, torna per le festività natalizie a casa da sua madre nella brughiera di  Egdon nel Dorsetshire. La sua venuta si intreccia a doppio filo con il mancato matrimonio di sua cugina Thomasin con Damon Wildeve, ingegnere di alterne fortune e oste del “Quiet Woman Inn”, sposi mancati per un cavillo burocratico, e la sete di vita di Eustacia Vye, nipote di Captain Vye, vecchio lupo di mare che ha scelto anche per questioni economiche di ritirarsi a vita privata in questo pezzo di mondo all’apparenza dimenticato da Dio e da tutti. Eustacia vorrebbe lasciare Egdon Heath che percepisce estranea al suo sentire; per ottenere ciò la donna come in precedenza aveva pensato di poter legare a sé Wildeve piegandolo ai suoi desiderata, si aggrappa a Clym e alla speranza molto a senso unico che questi possa un giorno decidere di rientrare nella capitale francese.  Ma le esigenze  dell’uno e dell’altra procedono su strade parallele difficili da incrociarsi. L’unione di Clym ed Eustacia entra in crisi anche a causa di problemi di salute dell’uomo  in simultanea al rapporto tra di Wildeve e Thomasine:  l’oste, diventato ricco a seguito di un’eredità,  non ha mai dimenticato la sua amante di un tempo e sollecitato da quest’ultima architetta insieme a lei una fuga verso Bournemouth che si concluderà drammaticamente riportando il microcosmo egdoniano all’ordine di un tempo. In questa narrazione appare a mo’ di coro greco l’umanità umile e variegata dei furze cutters, i tagliatori di ginestra, giovani e meno giovani con cui Clym è in passato cresciuto e con i quali condivide un presente intriso di naturalità anche se estremamente umile sognando di insegnare in una scuola rurale per riscattare i suoi compaesani da ciò che percepisce come trascuratezza e mancanza di conoscenza senza considerare nella giusta prospettiva gli archetipi e le credenze ancestrali di cui essi sono fatti. La narrazione avvince il lettore per la precisione architettonica di cui Hardy si fregia anche in quest’opera, arricchita com’è d’abitudine per l’autore da un personaggio fil rouge, Diggory Venn, agiato ma pronto a condurre un’esistenza modesta da venditore d’ocra pur di proteggere in sordina dalle circostanze Tamsie, Thomasine, di cui è da sempre innamorato. Verrebbe quasi da citare il vecchio adagio “Le vie dell’inferno sono lastricate da buone intenzioni” se soltanto ci si soffermasse sul mero esercizio di buona volontà portato avanti dai personaggi in questo lavorio proteso verso la ricerca costante di una completa emancipazione.  Verrebbe, ma l’autore non lo permette affatto, ricordando come nella vita di ciascuno di noi il libero arbitrio ricopra, forse, un’importanza affatto trascurabile lasciandoci artefici nel bene e nel male della nostra esistenza.


Thomas Hardy, La Brughiera, ISBN 9788811362586

Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia

Una coppia sceltasi a pieno titolo per amore in un tempo non definito e lontano, e nel presente composta da un Padre e da una Madre, si trova a fare i conti con la scomparsa a seguito di un grave incidente automobilistico di entrambi i figli, Maggiore e Minore. L’uomo è un architetto che concepisce il ménage familiare e coniugale in maniera semplicistica e forse un po’ troppo tradizionale, la donna  è un’agronoma mancata che si è votata anima e corpo alla crescita e all’educazione dei due ragazzi, arrivati a poca distanza l’uno dall’altro, anche per sopperire all’assenza fisica ed emotiva del marito. La drammatica vicenda che vede entrambi i protagonisti coinvolti li pone di fronte in maniera estremamente schietta e per certi versi spietata a ciò che la loro unione è diventata nella quotidianità spicciola che è priva del collante rappresentato dalla prole. La narrazione si snoda tra flashback ed episodi di vita contemporanea per aiutare a dipanare meglio le circostanze attribuendo a oggetti pescati dalla quotidianità familiare il compito di disvelare sfumature e sfaccettature che diversamente andrebbero andate perse per l’intero gruppo  aiutando il lettore a procedere pian piano nell’intreccio oltre a fornire un qualche puntello esistenziale ai due personaggi superstiti. L’atmosfera che permea la narrazione, avvincente nonostante la strutturazione a tasselli che la caratterizza, è di dolente consapevolezza: quella che coglie chiunque abbia cercato di sopravvivere a ferite mortali inferte dalla vita. L’autore cerca di salvare dalla situazione stagnante dei rimpianti e delle recriminazioni i protagonisti riuscendo a tratteggiarli in maniera empatica per proporli al lettore nei tanti loro punti di debolezza oltre che in quelli di forza. Mostrando, attraverso quest’opera di ricostruzione minuziosa, come sia possibile andare avanti e persino per certi versi vivere al meglio delle proprie possibilità residue anche all’indomani di un terremoto esistenziale di tale portata.

Michele Ruol, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia,

ISBN 9788894845525

Recensioni d’Autore: “L’ora di greco” di Han Kang

Quando ho voglia di recensire un autore lascio passare un po’ di tempo se il libro che ho scelto è uscito da poco; oppure, come per “L’ora di greco” di Han Kang, scrittrice coreana e vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2024, aspetto che il clamore mediatico attorno alle opere e alla persona designata si plachi un po’. È quanto ho deciso di fare in questo articolo a chiusura di un anno scrittorio per me importante e impegnativo incentrando, a differenza degli ultimi miei reading tips, su un solo autore e una sola opera e dando priorità di pubblicazione alla rivista Mentinfuga con cui come già sapete collaboro da un paio di mesi. Il mio augurio sincero per voi è quello di continuare a leggere parecchio: non c’è niente di meglio di un buon libro per pensare, sognare e crescere. E tutti noi di buon cibo per la mente abbiamo un assoluto bisogno. Mai come adesso.
Buon Natale a tutti

Lucia

L’ora di greco di Han Kang*

Un uomo e una donna si incrociano in un momento di tranquilla ordinarietà della loro vita. Lui è un cólto professore universitario che ha deciso controcorrente di tornare in Corea dalla Germania, paese in cui da bambino si era trasferito con i genitori e la sorella, ora talentuosa cantante lirica, alla ricerca di prospettive migliori. Lei è una madre delusa nelle sue aspirazioni genitoriali allontanata dal proprio figlio dall’ex coniuge. L’uomo si procaccia da vivere lavorando part time in un ateneo cittadino di Seoul come professore di greco dedicandosi a pochi studenti lì per scelta, cercando di tenere nascosta la grave problematica visiva da cui è affetto e che gli è derivata per familiarità dal ramo paterno. La donna ha deciso di frequentare quelle lezioni per colorare giornate troppo uniformi e insapori, condotte in una periferia che non è semplice luogo fisico, all’indomani del distacco forzato dal suo bambino; di tanto in tanto scrive brevi poesie in greco antico attingendo dal suo vissuto e cerca di ricalibrare la propria vita adattandola all’afasia che l’ha colpita e che è stata uno dei motivi a cui il suo ex compagno si è appigliato per privarla del figlio.

I due trovano conforto in quel breve (e per certi versi privo di precise e circostanziate responsabilità) intermezzo scolastico settimanale, sia pure per ragioni diverse: per il docente la lezione di greco rappresenta l’ultimo baluardo per tentare di conservare un briciolo di socialità ridotta all’osso a causa della progressiva perdita della vista che lo affligge. La donna, al contrario, si sente a proprio agio nel far parte del numero esiguo dei suoi compagni di studi cercando per quanto in suo potere di passare inosservata e fuggendo, in senso metaforico e letterale, qualsiasi occasione di contatto e di scambio dialogico.
A voler ben vedere entrambi rappresentano insieme un’unica figura dotata di vista e di parola: quella di un medesimo individuo che è incapace nello stesso istante di reciprocità e di condivisione con chi lo circonda perché è carente della necessaria integrazione dei due veicoli di comunicazione essenziali, indispensabili, che rendono ogni esperienza vitale umana unica e irripetibile conferendole al tempo stesso sostanza e astrazione.
Paradossalmente un elemento scatenante, imprevedibile ma estremamente umano, farà in modo di concretizzare la loro conoscenza in un incontro fatto anche di fisicità, dando ai due la possibilità di provare, ciascuno in base a ciò che all’altro può offrire, a condividere un piccolo segmento esistenziale. Con la consapevolezza dell’estrema finitudine dell’essere umano: è cosa certa che si si nasca e si muoia in solitudine, ma è altrettanto importante considerare come dai propri demoni interiori non ci si salvi mai da soli. Han Kang sembra quasi voglia suggerire, molto ben al di là di prevedibili ricette pronte all’uso, quanto degli altri abbiamo bisogno per chiudere il cerchio iniziato con la nostra venuta al mondo; mettendo a punto, grazie alla loro presenza, quelle riflessioni che le nostre scelte di vita ci hanno ispirato e che noi scientemente o meno abbiamo deciso di attuare. In un’ottica paritaria e di consapevole complementarità, nel rispetto pieno di ciò che ciascuno di noi ha da porgere al mondo senza avere a pretendere nulla in cambio.

Lucia Guida

*L’ora di Greco, Han Kang, trad. di Lia Lovenitti, Adelphi, 2023

 

greco bis

L’articolo in originale è qui 

Reading Tips: “Come un fiore di ciliegio nel vento” di Etsu Inagaki Sugimoto e “La moglie di Dante” di Martina Marazza

Ultima bi-recensione estiva di autrice-lettrice con altri due titoli letti da me per voi.
A presto
Lucia

Come un fiore di ciliegio nel vento di Etsu Inagaki Sugimoto

Etsu Inagaki Sugimoto, protagonista del libro che è la fedele trasposizione scrittoria della sua vita, è la figlia di un samurai giapponese da quest’ultimo sin da piccola educata alla rigida disciplina che l’appartenenza a tale categoria comporta, cresciuta nella fede buddista da un precettore bonzo che la avvia alle lettere con rigore nell’ottica di farla diventare in futuro una sacerdotessa. Vive con la sua famiglia  a Nagaoka, nel nord del paese, in una comunità rimasta fedele agli usi e ai costumi nipponici più tradizionali. Da questo luogo ideale Etsu si separerà all’indomani della morte di suo padre per sposare Matsuo a lei destinato dalla famiglia rappresentata da suo fratello. Il suo futuro marito, di origine giapponese ma cittadino americano a tutti gli effetti, ha piacere che lei si trasferirsca da lui negli States. Etsu inizierà pia piano ad avvicinarsi a Tokyo, studiando in una missione cristiana la lingua inglese e apprendendo i primi rudimenti di un sistema di vita sconosciuto rispetto a quello a cui è stata esposta sin dalla nascita. Grazie all’amorevolezza di Matsuo e della madre americana riuscirà a trascorrere nella sua nuova patria in serenità anni preziosi per la sua formazione con l’apertura mentale di chi intraprende il viaggio senza remore alcune. Capace di accogliere in sé senza discriminazioni di sorta due culture solo all’apparenza distinte e antitetiche e di educare le sue figlie Hanano e Chyio con grande sapienza e lungimiranza tanto da farle diventare  vere cittadine del mondo, al di là di un titolo italiano leggermente fuorviante (originariamente era “The Daughter of the Samurai” appena edito nel 1929) che rende solo in parte il senso di un’opera di grande portata, costruita in perfetto equilibrio su scuole di pensiero, azione e stili di vita di concezione diversa per rappresentare un’era storica altrettanto ricca di trasformazioni per il Paese del Sol Levante.

fiore

Etsu Inagaki Sugimoto, Come un fiore di ciliegio nel vento, ISBN 9788809971684

La moglie di Dante di Martina Marazza

Un vecchio adagio parla in maniera ricorrente di quanto un uomo che ce l’ha fatta debba alla donna che gli ha guardato le spalle. Sarebbe tuttavia profondamente ingiusto parlare in questi termini di Gemma Donati, nobile fiorentina data in sposa a Dante Alighieri giovanissima. “Testa di Ruggine” sa leggere, scrivere e far di conto, ha opinioni personali che trova modi di comunicare alle persone di famiglia con grande schiettezza e attraverso la narrazione che la Marazza ci restituisce è ben decisa a vivere di luce propria e non semplicemente nel cono d’ombra di un marito poeta, assai colto e attivamente partecipe alla vita politica della sua città natale. Ed è ciò che fa nel momento in cui Dante, che ha ricoperto il ruolo di Priore, vittima di ingiuste accuse di natura politica, deve riparare altrove per poter sfuggire ai suoi detrattori. Cresce in modo impeccabile quattro figli, ne perde una neonata. Continua a pensare a colui che ha scelto come suo compagno in termini di grande affetto nonostante le tante prove in solitaria affrontate con grinta e tenacia e il lungo periodo di esilio a cui questi è stato condannato e che gli impedirà in vita di rientrare nella sua amata città. Le vicende narrate in prima persona dalla protagonista si delineano in  34 capitoli racchiusi in tre ampie sezioni coprendo un arco temporale che va dal 1285 al 1340, La narrazione tiene avvinto il lettore in maniera costante e lo porta con naturalezza alla fine di questa storia corposa che conta più di cinquecento pagine costellate da pagine di grande suggestione descrittiva ma anche notizie attinte dalla scrittrice inerenti la genesi delle principali opere del Sommo Poeta, Divina Commedia inclusa.

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Martina Marazza, La moglie di Dante ISBN 9788828206422