Meglio la gallina domani o l’uovo oggi? – Piccole riflessioni a mezza voce su scrittura e lettura

Qualche sera fa in chat su un sito social si parlava di editoria e di scrittura con un piccolo editore indipendente. Del fatto che sia l’una che l’altra non vivessero tempi felici e di come questa crisi toccasse indistintamente piccoli editori illuminati e autori non omologati.

La discussione è andata avanti per un po’. Io portavo avanti le mie ragioni scrittorie, l’editore le sue di divulgatore di idee e parole. Procedendo su due strade parallele alla fine ci siamo incontrati a un bivio. E manco a parlarne, il nostro trait d’union è stato il lettore.

Il ragionamento, assai semplice, contemplava la difficoltà di pubblicare buoni testi che potessero anche incontrare il favore del pubblico soprattutto da parte dei piccoli editori. Libri che potessero gratificare, quindi, autore ed editore. E la possibilità, molto più diffusa di quanto non si pensi, di stampare libri da parte di major assolutamente impubblicabili. Accolti, tuttavia, dal grande pubblico dei lettori con quello che io chiamo “favore di gloria riflessa”: legittimati, cioè, dal provenire da una scuderia di per sé garanzia di qualità legata a case editrici già conosciute e apprezzate.

Mi è venuto in mente qualcosa che ho letto in web diverso tempo fa in un articolo di scrittura. Si parlava di  quanto la comunicazione, in maniera di pubblicizzazione e propaganda editoriale, fosse importante. Di come un testo, a prescindere dalla sua bontà intrinseca, avesse comunque bisogno di essere conosciuto e diffuso per essere apprezzato. E che, paradossalmente, una pubblicità martellante o l’esposizione di un libro accanto ai pacchetti di caramelle, cioccolatini e chewing gum  ai lati delle casse di un supermercato spesso giocasse molto a favore facilitando l’acquisto di testi di qualunque tipo.

L’editore, indipendente ma grintoso, manifestava il proprio disagio nel compiere scelte di qualità a sprezzo delle scelte di mercato compiute da grandi gruppi editoriali, più ammiccanti e meno “di sostanza”, certamente favorite dalla prospettiva di proporre al grande pubblico su un terreno ben preparato e concimato dal fatto di vantare una lunga tradizione editoriale. Per altro con ottimi margini di guadagno. Molto maggiori di quelli da lui ottenuti per il medesimo autore a proposito di un testo formidabile e di spessore, commercializzato nel passato da lui con minor successo. La conclusione da me tratta, drastica forse per qualcuno, è stata che non gli conveniva colpevolizzarsi per aver incentivato un testo di qualità che aveva venduto in misura minore rispetto alle sue aspettative se, alla fine, i buoni lettori si potevano contare sulla punta delle dita.

Passano un paio di giorni e in un momento di pausa mi capita di intrattenere una conversazione più o meno dello stesso tenore con una mia collega accanita lettrice. Discorso che finisce inevitabilmente con la stessa considerazione: non si può, cioè, pensare che l’editoria italiana e internazionale si risollevi se chi dovrebbe ergersi a garante di opere di qualità finisce, poi, col pubblicare librini. Attirando in una sorta di spirale perversa lettori che, forti di un marchio editoriale di chiara fama, o di accorpamenti sapienti, accettano di buona volontà testi di media levatura come un qualsiasi consumatore poco consapevole porta a tavola di buon grado cibo di produzione e fattura industriale preconfezionato e megapubblicizzato.

Mi viene anche da pensare all’affermazione di Marcello Fois, scrittore e docente universitario, nella sua recente presentazione di “Luce perfetta” avvenuta un paio di settimane fa a Pescara in una libreria del centro. Della sua necessità di leggere in pagine scritte da terzi libri “altri”, e cioè romanzi e testi d’autore famosi collocati in una chiara prospettiva metascrittoria.  Che, poi, è come riuscire a scorgere nelle pennellate di un pittore fiammingo la storia e la tradizione di altri artisti di epoca contemporanea e precedente. Leggere con lo stesso impegno di un gourmet. Per qualcuno una mission impossible, ma probabilmente l’unica strada da seguire per tentare di salvare la buona editoria, quella fatta di pratiche ottimali e non di proposte mordi e fuggi di chiara matrice estemporanea.

Lucia Guida

ChickenOrEgg

photo credits : tiptop.az

Another Interview

Ci ho preso gusto a essere intervistata.

Probabilmente perché conversare parlando di scrittura, lettura e aspetti della mia vita che mi fa piacere condividere con altri è un modo come un altro per trasmettere una parte di me stessa.

L’intervista, qui di seguito riportata integralmente, è stata realizzata grazie alla disponibilità di Tommaso Maria Lovati, admin del sito Libri & Scrittori, Salotto Letterario On-Line.  Per voi, alla fine di questo articolo il link per leggerla in versione originale.

Intervista alla scrittrice Lucia Guida

D) Ci racconti un po’ di lei e del suo approccio al mondo della scrittura

R) La mia è una passione antica;  nata da bambina, coltivata nel periodo dell’adolescenza e poi messa da parte per lasciare il posto ad altre priorità. L’apertura di un blog nel 2007 mi ha permesso gradualmente di riprovarci, stimolata anche dagli apprezzamenti dei miei amici virtuali. Ho poi pensato di partecipare ad alcuni concorsi letterari, un po’ per provare a sperimentare nuovi approcci scrittori ma anche, forse, per chiedere qualche conferma, per mettermi alla prova. E’ andata bene e  a questo punto ho pensato di continuare per questa strada …

D) Qual è stato il suo percorso di studi?

R) Mi sono laureata in Lingue e Letterature Straniere nel 1987 con una tesi di letteratura inglese su Thomas Hardy. All’epoca si parlava di analisi testuale. A me sembrava una cosa meravigliosa sviscerare e analizzare nel profondo un autore come il mio che ho amato tantissimo. Anche se in realtà il primo esame dato all’università è stato quello di Filosofia. Ho poi alle spalle un tipo di preparazione a indirizzo pedagogico-didattico che ha segnato i miei primi passi nel mondo del lavoro nella scuola primaria. Esperienze di studio e di lavoro all’estero hanno completato la mia formazione. Vivere in altri paesi ti apre la mente e ti fa vedere le cose certamente in una prospettiva privilegiata. Un percorso sui generis, variegato, come del resto le letture che mi concedo: anche in questo mi piace leggere di tutto,  senza remore o pregiudizi.

D) Quando e perché ha iniziato a scrivere?

R) A otto anni, un romanzo su un vecchio diario scolastico. Si intitolava “La fanciulla del West”. A lieto fine, chiaramente.  In tempi più recenti, invece, il mio primo racconto breve ufficiale è certamente ‘Il volo dell’aquilone’ (nel post precedente, n.d.a.), arrivato in finale al XII Concorso Letterario bandito dalla biblioteca di Poggio dei Pini di Capoterra (CA) nel 2008. Da bambina scrivevo per raccontare; oggi credo di farlo per lo stesso motivo, soltanto con una consapevolezza maggiore, più sottile: quella di vedere riflessa nel lettore la tua stessa sensibilità. Quando ciò accade per uno scrittore è il riconoscimento migliore a cui si possa aspirare

D) In termini umani, cosa significa per lei scrivere?

R) Una volta le avrei risposto parlando dell’effetto terapeutico della scrittura; adesso  aggiungo che scrivere è anche un atto di passione, di puro divertimento

D) Quali sono i suoi libri del cuore?

R) Domanda difficile …Tutti i libri della Austen. “Via dalla pazza folla” di Hardy. “Quel che resta del giorno” di Ishiguro. Ma anche i libri di Brunella Gasperini, “Tutti i nostri ieri” della Ginzburg e molti altri ancora …

D) E quelli che non leggerebbe mai?

R) Ho già detto che mi piace sperimentare e quindi provo comunque a leggere di tutto; se, tuttavia, capita che io abbandoni la lettura di un libro non me ne faccio una colpa: la lettura è un piacere e tale deve rimanere

D) Il libro più bello che ha letto negli ultimi tre anni?

R) “La ragazza con l’orecchino di perla” della Chevalier

D) E quello che meno le è piaciuto?

R) Devo proprio dirlo?

D) Qual è il rapporto con la sua regione e con la sua terra?

R) L’Abruzzo mi ha adottata a pieno titolo ed è qui che ho scelto di far nascere i miei due figli e di stabilirmi. Tralasciando il periodo dei miei studi, condotti qui a Pescara,  vi abito da 23 anni. Continuo a mantenere un filo sottile ma robusto con la Puglia, mia regione di origine, in cui vivono i miei genitori. Nei miei racconti, infine, per par condicio do voce a entrambe. In fondo, la Lucia di oggi è il prodotto finale di un mix bilanciato dell’una e dell’altra realtà

D) Cosa le piace e cosa non le piace dell’editoria odierna italiana?

R) Credo sia interessante notare oggi molta più attenzione, da parte delle case editrici, verso gli autori esordienti. E ovviamente sto parlando di editoria non a pagamento e di editori lungimiranti. Ciò determina un’offerta a volte sovrabbondante, ma in questi casi ” melius abundare quam deficere”, non trova?

D) Cosa le piace e cosa non le piace del panorama culturale italiano d’oggi?

R) La frattura che talvolta si viene a creare tra creatori di cultura e fruitori. Un prodotto culturale dovrebbe davvero essere alla portata di tutti ma questo non sempre accade. E’ probabile che sia questione di educazione insufficiente in tal senso, certamente. Ed è un pensiero  terribile; in fondo, come un conosciuto slogan recita, “Sapere è Libertà”, sempre

D) Come è arrivata alla pubblicazione del suo lavoro?

R) Con un’opera certosina di ricerca della casa editrice ideale. In questo ero piuttosto determinata a non incappare, per il mio primo lavoro “serio”, nell’editoria a pagamento

D) Cinema: qual è il suo film preferito?

R)  “Camera con vista “ di James Ivory di qualche anno fa e, più di recente, “Il discorso del re” di Hooper. Sono, infine, un’ammiratrice fedele di Ozpetek

D) Musica: la canzone del cuore?

R) “Fotografie”, di Claudio Baglioni, pur non essendo una sua fan. Per una serie di ragioni troppo lunghe da spiegare

approfondimento NARRATIVA

D) Ha frequentato corsi di scrittura creativa?

R) Non ne ho mai avuto la possibilità ma mi avrebbe fatto piacere farlo, tempo permettendo.

D) Ritiene siano utili?

R) Parlandone in termini teorici, potrebbero certamente aiutare a migliorare uno stile narrativo ancora allo stato embrionale

D) Quale ritiene sia l’aspetto più complesso della scrittura narrativa?

R) Più che buttare giù un canovaccio di una storia, il lavoro di labor limae, di editing, che lo segue. Rendere, cioè, comprensibili al lettore le tue idee, ciò che vuoi trasmettere agli altri. Spesso ciò non accade; l’autore, cioè, crede di averlo fatto anche se poi in effetti non è così. Un’opera letteraria deve essere a mio avviso fruibile per tutti, con pochi chiaroscuri. Suggerire, certamente, ma farlo con chiarezza d’intenti

D) Come scrive: su carta o al computer? Di giorno o di notte? In solitudine o fra altre persone? Segue “riti” particolari?

R) Decisamente al pc: è più comodo e mi dà la possibilità di ordinare le idee meglio che su un foglio di carta. Di giorno a mente fresca e sicuramente in solitudine, aiuta a concentrare maggiormente e a far fluire con maggior facilità il pensiero

D) Come è nata in lei l’idea di raccontare quel che ha raccontato nel suo libro più recente?

R) “Succo di melagrana” nasce dall’idea di parlare in concreto e con positività di storie di donne. Credo che oggi ce ne sia un gran bisogno, a volte in uomini e donne si percepisce chiaramente una gran confusione circa i  ruoli da  assumere da parte di entrambi nella quotidianità più spicciola. Nel nostro Paese sopravvive ancora una certa predisposizione a incapsularsi in ruoli ben definiti, incernierati; non è così che dovrebbe essere, in una società che si possa definire realmente democratica e paritaria

D) Cosa significa per lei raccontare una storia?

R) E’ come incamminarsi per un sentiero che potrebbe portarti alla fine da tutt’altra parte. Sai che raggiungerai comunque la meta che ti sei prefissata ma non sei in grado di calcolare la tempistica che ti servirà per farlo né stabilire con precisione i luoghi che visiterai

D) Preferisce cimentarsi col racconto o col romanzo?

R) A differenza di molti che considerano il racconto una forma narrativa minore io credo, invece, che possegga per il lettore una fruibilità maggiore, più immediata. Dal punto di vista tecnico, con il racconto non puoi rischiare di far cilecca, devi comunque provare a dare forma a una storia compiuta in un arco di tempo ben preciso. Nel romanzo, invece, puoi permetterti di giocare al recupero senza correre eccessivi   rischi: per quello che non hai saputo delineare con decisione sino ad ora c’è sempre tempo di farlo in seguito, nel prosieguo della storia

D) Ci dia una sua definizione dell’uno e dell’altro?

R) Il racconto è come la scena di un film: intenso, coinvolgente, una scheggia  di esistenza. Il romanzo è il film. Ci sono scene di film che non si dimenticano e film che vorremmo non avere mai visto

D) Come ha scelto il titolo del suo libro più recente?

R) Il titolo “Succo di melagrana” si ispira al titolo della poesie  che costituisce il prologo dell’intera silloge. E’ una specie di anteprima che anticipa al lettore la sensibilità dell’autrice del libro

D) Quanto tempo ha impiegato per scriverlo?

R) Se contiamo dalla stesura del primo dei sei racconti, tre anni. In realtà  le sei storie sono state elaborate in periodi diversi della mia vita ma è come se tutte fossero un tassello di quello che è il puzzle della mia avventura scrittoria

D) Ha vinto premi letterari?

R) Il secondo posto alla IX edizione del premio letterario Anna Vertua Gentile nel maggio del 2011;  per il resto sono stata segnalata o finalista in svariati premi letterari. Se, tuttavia, chiede al mio editore se ciò ha influito sulla sua decisione di pubblicarmi, le risponderà di no

D) Crede nei premi letterari?

R)  Ce ne sono di molto validi e di estremamente inconsistenti; personalmente diffido di quei concorsi letterari che chiedono, in cambio della partecipazione, l’esborso di onerose “tasse di lettura” o “spese di segreteria” non bene identificate e chiaramente a fondo perduto

Ha altri progetti in cantiere?

R) Un progetto importante che sto portando avanti pian piano. La fretta di terminare a volte può consigliarci davvero male. E poi non dimentichi che la scrittura per me al momento è un passatempo felicissimo, nella mia vita accanto ad altre cose altrettanto meritorie e importanti

Questo articolo è stato scritto da Tommaso Maria Lovato il 22 luglio 2012
Link dell’intervista:
http://www.libriescrittori.com/intervista-alla-scrittrice-lucia-guida/

” Conversation Avec le Jardinier “, P.A. Renoir