Éblouir Paris: elogio della Bellezza Luminosa al Musée d’Orsay

Ho sempre adorato i “pittori luminosi” e non semplicemente per un mio personale atteggiamento mentale. La Luce è vita, prospettiva, cammino da perseguire sempre. E quindi in visita al Musée d’Orsay a Parigi nei giorni scorsi la prima cosa che ho scelto di vedere è stata d’emblée la prima mostra monografica francese retrospettiva dedicata a John Singer Sargent realizzata  in collaborazione con il MOMA di New York intitolata Éblouir Paris, Abbagliare Parigi. Ed è questa la sensazione che mi ha avvolta con morbida leggerezza nella mia visita: un senso di stupore luminoso sentito attraverso alcune delle opere più significative del primo periodo di questo pittore nato in Italia ma americano sino al midollo. Capace di contaminare con generosità la sua arte  mettendola in bilico tra passato e presente in una prospettiva decisamente sui generis: sua e propria, come soltanto a pochi è concesso.
Qui di seguito troverete alcuni scatti da me realizzati brevi manu con il mio solito POV di pancia: da mera spettatrice di Bellezza, di quella che ti nutre e ti dà la capacità di andare avanti mantenendoti sempre a pelo d’acqua, sguardo rivolto verso il cielo.
Buona lettura e buona visione a tutti

Lucia*  

                                        “Una vita fatta di piccoli e significativi passi” (n.d.r)

"In the Luxembourg Gardens" J. Singer Sargent (1879) 
 
I left my soul there, down by the seaI lost control here, livin' free
(cit.)

"Atlantic Sunset"  (1878)

 

“lasciami in questo incantesimo di Sole” (n.d.r)

"Dans les Oliviers à Capri" (1878)
 
"io e te al di là dello spazio e del tempo" (n.d.r)

Particolare di "The Daughters of Edward Darley Boit" (1882)

“è solo una folata di vento leggero” (n.d.r)

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Thinking and Writing as a Former English Teacher – 1st Lesson

Passano gli anni, cambiano le situazioni e gli stati d’animo ma in fondo in fondo si resta sempre un po’ prof. Il mio primo aforisma da just retired per voi. Con la promessa di rileggerci presto, prestissimo

                                                  Between the True and the False,

there is always a neutral Maybe

                                                               Tra il Vero e il Falso

c’è sempre un Forse

a tinta neutra

L. Guida

Thinking and Writing as an English Teacher – 24th Lesson

‘When I’m reading for you I lay myself bare, offering you a piece of my soul with my bare hands.
My writing is a reflection of what I never had the courage to tell you while looking into your eyes’.

 

Lucia while reading a page of one of her novels, courtesy of Talenti e Territori (2016)

“Quando leggo per te mi metto a nudo, ti offro un pezzo della mia anima a mani nude.
La mia scrittura è il riflesso di ciò che non ho mai avuto il coraggio di dirti guardandoti negli occhi”.

Lucia Guida

Thinking and Writing as an English Teacher – 22nd Lesson

Moving forward together is a rare

art; keeping one step behind is

unique and not for everyone.

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Shot by Dorothea Lange (1895-1965)

Andare avanti insieme è un’arte rara;

mantenersi un passo indietro è

un’arte unica e non per tutti.

L. Guida

Per non dormire, per non morire (cit)- Appunti di viaggio nella domenica del dopofestival di Sanremo 2025, il post social

Cari amici di pagina, per voi, oggi due righe di notazioni di cronaca di pancia sulla kermesse canora più amata dagl’italiani dal mio personalissimo (e altrettanto opinabile) punto di vista.
A rileggerci presto

Quando al festival di Sanremo vince una canzone che di primo acchito non ha suscitato particolare interesse da parte mia la cosa che d’abitudine faccio è di andare a riascoltarla a mente fredda. Privilegiando l’esecuzione sanremese, e non quella abbinata a video curatissimi della casa discografica di rappresentanza, per rinfrescarmi un po’ la memoria.
Così come mi rileggo, se l’ho già letto, oppure inizio a farlo per un Premio Strega o un qualsiasi altro libro in odore di vittoria nei concorsi letterari che contano, quelli che fanno fino e che-se-non-ci-partecipi-non-sei-nessuno.
Da ragazza nel mio paese d’origine del profondo sud con le sue tante contraddizioni e le sue mille e una criticità all’ombra di sette meravigliosi antichi campanili che svettano nel centro storico, il festival di Sanremo faceva sempre molta sensazione. E non semplicemente perché eravamo negli anni ottanta e quella sanremese era una finestra aperta verso un mondo lontanissimo dai miei desiderata di allora. Per molti come me era un’occasione unica e rara per ascoltare dal vivo i Big nazionali e internazionali senza dover aspettare la serata conclusiva del Festivalbar, leggere e rileggere su TV Sorrisi e Canzoni i testi dei vari partecipanti. Scimmiottare il look e gli atteggiamenti delle cantautrici e artiste canore che sentivi più nelle tue corde; il vezzo di attorcigliarmi attorno al collo un foularone lungo come Alice/Carla Bissi mi è rimasto ancora e confesso di avere a lungo tentato di copiare il make up sapiente di Anna Oxa senza mai riuscirci in maniera perfetta: io le percepivo entrambe, sia pure dai due lati opposti della barricata, come donne di spettacolo all’epoca assai trasgressive e forse un filino in linea con le mie idee esistenziali di fondo dalla mia prospettiva di adolescente idealista persa. Non ho mai avuto la pretesa di fare l’opinion leader precipitandomi qui o altrove a dare la mia personale lettura (o forse dovrei parlare di interpretazione, visto che l’emotività è il fil rouge che anche in circostanze simili mi rappresenta sempre con fedeltà?) di questa o quella canzone. Nella stessa misura in cui ultimamente tengo per me la magia di un bel film o la particolarità di una lettura interessante: se mi hanno davvero fatta stare bene, perché metterli in piazza a beneficio di tutti? Nel momento in cui sono diventati piccoli tesori che mi hanno arricchita e che poco incidono sull’idea di ciò che voglio apparire in pubblico su un social frettoloso e distratto come Fb? Ma torniamo pure a Sanremo che è poi la ragione precipua di questo post; quest’anno l’ho potuto vedere da cima a fondo, complice anche qualche giorno di stop che mi sono presa per ovviare a strascichi influenzali che non mi vogliono abbandonare (saranno forse messaggi subliminali per indicarmi di trasferirmi in luoghi lontani, più miti e forse più congeniali ai miei acciacchi di gioventù?). Non mi sono trincerata in improbabili torri eburnee, più o meno autorevoli, contrassegnate da cartelli grandi come case recanti a chiare lettere affermazioni tranchant del tipo “No, grazie, Sanremo non mi interessa”. Baluardi del “non seguo quindi esisto” che sinceramente non mi appartengono, non più. Che ci piaccia o no il Festival della Canzone Italiana è Italia stessa, con le sue molte contraddizioni, i suoi misteri della fede, i suoi coup de theatre disseminati nell’arco delle cinque giornate. Le sue polemiche, grandi e piccine. Le ripicche di questa o quell’influencer a caccia di patine scintillanti lucidate e rinnovate. Il gusto tutto italico di insabbiare questioni gravissime, non semplicemente di costume e società, che sono rimaste lì, all’esterno del teatro Ariston. E che ci hanno pazientemente aspettato per continuare a ricordarci come le nostre piccole storie di spettatori più o meno petulanti od ossequiosi contino davvero poco: in questo caso l’arco dei tre minuti e trenta secondi circa di “Balorda Nostalgia”, ultimo casus belli di chi “per non dormire per non morire” si affanna a dire “ci sono anch’io”.
Lucia Guida

 

Alice exulting on the stage of the 31st Sanremo Music Festival

Ph. Credit: Mondadori via Getty Images

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A PLPL 2024, breve cronistoria emotiva e sensoriale di qualche ora alla Fiera libraria romana

Qualche brevissima notazione di cronaca sulla mia mattinata a PLPL 2024 ospite dello stand di Arkadia P04 presso la postazione della Regione Sardegna – AES. Poche righe per riprendere il filo con chi ha la bontà di venirmi a cercare qui su WP per leggere di me e delle mie cose
Baci e a rileggerci prestoLucia

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CRONACA DI UNA MEZZA GIORNATA PERFETTA

Stamattina partenza di buon’ora; nuvole poggiate sulle montagne dell’appennino come bioccoli sfaldati di lana leggera, un po’ di nebbia nel mentre ma a Roma tanto sole. Una luce che ti riscalda dentro e che mitiga l’aria frizzantina che ti accoglie all’uscita della metropolitana.
Alla Nuvola volti noti e appena conosciuti e un’atmosfera soffusa e gentile come il sole che continua a filtrare attraverso le vetrate. Sarà un caso ma è la seconda volta che Arkadia è ospitata in uno stand luminosissimo; stavolta è quello messo a disposizione dalla Regione Sardegna per l’Aes.
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Un super abbraccio a Milvia Comastri, briosa come sempre e super impegnata nei tanti eventi librari, una bella chiacchierata con Patrizio Zurru, Ettore Zanca, Paolo Restuccia e la sua gentile signora, con un paio di lettori curiosi di sapere qualcosa in più sulle vicissitudini di Alice e con i gentilissimi addetti alla cassa dello stand P04. Il tempo di ripartire arriva presto ma ha il sentore dolce delle cose fatte con piacere genuino.
biglietto
Torno a casa contenta di esserci stata anche se per pochissimo. Ed è una bella sensazione, un punto fermo nei giorni che rotolano troppo in fretta verso la fine di questo anno impegnativo e verso un 2025 che per me sarà davvero colmo di novità. Nuovi sentieri da perlustrare con un bagaglio a mano forse più leggero che in passato ma dal contenuto essenziale: di sicuro pieno solo di ciò che conta davvero
Lucia
ok

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Un pomeriggio al Kunstmuseum

Un viaggio a Basilea val bene la visita al KuMu, Il Kunstmuseum di città primo esempio di museo borghese svizzero esistente. E
Il mio personale resoconto di un pomeriggio di fine estate alla scoperta di una istituzione che raccoglie una collezione ricchissima ed estremamente composita di opere d’arte dal XV secolo ai giorni nostri capace di soddisfare il gusto di ciascun visitatore.
Con quest’articolo si apre per me una collaborazione da freelance con la rivista Mentinfuga che mi auguro sia lunga e proficua per entrambi
Buona lettura e a presto
Lucia

UN POMERIGGIO AL KUNSTMUSEUM DI BASILEA

Nutrirsi di Arte e Bellezza è il miglior alimento per una quotidianità che gratifichi tutti maggiormente. È probabilmente per questo motivo che la municipalità svizzera di Basilea fa pervenire ai nuovi residenti un carnet contenente il meglio di quanto una città di nuova residenza possa offrire a ogni suo nuovo abitante. Un segno tangibile di civiltà e un invito a guardare oltre, alla ricerca di ciò che possa rappresentare il meglio sempre.

Vorrei poter dire che dall’inizio è stato questo lo spirito con cui mi sono apprestata a visitare il Kunstmuseum di Basilea ma non sarei onesta. Ma la flessibilità mentale è fatta anche per ricredersi sulla prima opinione che in modo razionale formuliamo sempre su cose, persone e situazioni della vita, e questa particolare circostanza per me non lo è stata da meno. Ed è così che un momento di relax, ritagliato in un pomeriggio estivo in cui ero in visita per la mia terza volta nella città capitale dell’omonimo cantone si è trasformato in pura meraviglia.

Il Museo d’Arte di Basilea, Kunstmuseum Basel per i locali, è un concentrato di magnificenza artistica a partire da XV secolo e a terminare in età contemporanea. Difficile non trovare un’opera che non sia nelle corde di ciascun visitatore: la ricchezza espositiva la fa da padrone ma in maniera sobria, senza ostentazione. Le molte sale collocate in tre siti diversi e arricchite da circa 300.000 capolavori incontrano il favore di ogni visitatore permettendogli di fare un viaggio nel tempo equilibrato fatto anche di fisicità e movimento, poiché il museo è strutturato su più piani e livelli oltre che in due distinti edifici posti l’uno di fronte all’altro in stretta connessione attraverso un corridoio comunicante sotterraneo che lega lo Haupbau al Neubau. La storia di questo museo antico è altrettanto singolare. Nasce nel 1661 come collezione privata della famiglia di incisori e stampatori Amerbach che la mette a disposizione della collettività dieci anni dopo facendola diventare il primo esempio di museo borghese al mondo caratterizzato da acquisizioni recenti in continuo ampliamento. La mia emotività e le mie scelte di pancia, da mera profana, si sono tutte concentrate

nel Gegenwart, la sezione di arte contemporanea, che incontra appieno la mia sensibilità stuzzicata tuttavia dalla grande offerta di impareggiabili contributi artistici forniti anche nei due su menzionati siti.

Nel fotografare i dipinti e le opere per me più significativi per conservarne memoria tangibile ho avuto davvero l’imbarazzo della scelta, perdendomi tra i tanti grandi artisti come una bambina d’antan che non sa cosa privilegiare in un negozio di dolci o giocattoli. La mia immaginazione si è persa anche alla vista dei giochi di chiaroscuro dei raggi di sole filtrati attraverso le imposte socchiuse e riflessi sul tendaggio chiaro che orna molte delle ampie finestre della costruzione: una chicca extra nella mise en place, se mi si lascia passare l’espressione, fatta con sapienza dai curatori forsanche per permettere al visitatore sorpreso da tanta abbondanza di genialità di stemperare la propria attenzione attingendo a piccoli particolari evocativi prima di continuare con rinnovata energia nell’esplorazione di questo unicum artistico spazio-temporale.  Potrei citare qualcuno degli Artisti in esso collocati ma mi sembrerebbe di fare quasi un torto alla maestria degli altri. Posso solo dire che Impressionismo, Cubismo, Espressionismo ma anche Dadaismo, Surrealismo, Costruttivismo, Pop Art e Minimalismo, Modernismo Classico, la stessa arte rinascimentale rappresentata dai capolavori fiamminghi dell’Alto Reno convivono con grande saggezza a poca distanza gli uni dagli altri con le esposizioni temporanee offrendo a tutti attraverso il loro percorso tematico un messaggio di chiara inclusività non semplicemente artistica. Un invito a praticare Bellezza senza preclusioni o pregiudizi di sorta, ribadito dall’idea felice di alternare alla sobria impostazione strutturale museale che è propria dell’intera struttura un bistrot collocato nel cortile interno del KuMu che fa anche da cornice a gradevoli eventi musicali dal vivo.

Potrei concludere affermando che questa Istituzione rappresenta un ottimo biglietto da visita per i nuovi abitanti e per i tanti ospiti di passaggio di questa città svizzera internazionale e dalla vocazione molto europea, protesa nel futuro ma pregna di memorie passate e di richiami concreti ed efficaci al presente.

Un augurio di benvenuto che ha la leggerezza dell’adesivo rosa che funge da biglietto ricevuto all’ingresso con la preghiera di apporlo ben visibile sugli abiti; il mio rigorosamente ad altezza di cuore, e non avrebbe potuto essere diversamente.

Lucia Guida

Kunstmuseum Basel | Hauptbau, St. Alban-Graben 16, 4010 Basel

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Courtesy of Basel KuMu, shot by Mark Niedermann (2022)L’articolo originale è qui 

Al SalTo otto anni dopo

Ci sono posti privilegiati che ti prendono così tanto da farti a volte temere che ritornarvi possa spezzare l’incantesimo, quella magia di colori, suoni, sensazioni che rendono indelebile la tua “prima volta”. È forse per questo che in generale raramente torno sul luogo del delitto, anche se si tratta di una fiera libraria importante, kermesse imprescindibile e gioia e dolori per tanti lettori e autori. Stavolta ho glissato su questa mia legge di vita per una buona causa, il mio ingresso in Arkadia, mia nuova casa editrice per la quale in estate nascerà il mio ultimo figlietto di carta, un romanzo di narrativa contemporanea. Nel mio cuore resta comunque un’immensa gratitudine per Amarganta, la prima ad avermi fortemente voluta al SalTo nel 2016 dopo aver creduto nelle mie capacità scrittorie dando alle stampe con entusiasmo e competenza il mio secondo romanzo.

Lucia

I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole

Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal.

Torino ha un’anima complessa. Torino città operaia. Torino città della Fiat. Torino con la tradizione di città capitale. Torino città italiana, anzi romana, ma anche città alpina, che guarda alla Francia e all’Europa. Torino di Gobetti, di Einaudi, di Bobbio, di Gramsci e dell’«Ordine nuovo», Torino comunista e Torino liberale. Torino col suo carattere, la sua sobrietà, la sua serietà, che non si apre e non si dà tanto facilmente, ma che ti accetta quando si convince che impersoni i suoi stessi valori: l’impegno nel lavoro, una forte cultura civica, un senso del dovere che ti compete, per la parte che hai nella vita della città.

A. Levi

Arrivare di sera a Torino, dopo aver perso la coincidenza a Milano e aver traccheggiato in stazione aspettando di ripartire. Essere accolti da un’aria leggera e mite di venerdì sera nel cuore della città pronta ad aprirsi al fine settimana en plein air sotto un cielo ancora chiaro a cui io non sono abituata ma che mi è sempre piaciuto per le enormi potenzialità che con generosità concede sempre alla Luce.

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Adoro le case che hanno il privilegio di ergersi a tetto del mondo aprendo le loro finestre verso l’alto e verso il cielo, di qualsiasi colore esso sia. Per me questo è un chiaro invito ad andare oltre, sorvolando sui tanti sassolini nella scarpa che la quotidianità ci costringe ad accumulare nostro malgrado. Svegliarsi al mattino senza essere costretti a guardare verso il basso è una grandissima consolazione e un invito a pensare al bello e al buono malgrado tutto e tutti, sempre.

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La mia visita al Museo Egizio non è soltanto arricchimento personale ma tributo dovuto a Christian Greco, direttore di questo straordinario presidio torinese di Cultura, che ne ha fatto un capolavoro di assoluta bellezza fruibile da parte di tutti. E i tanti visitatori che di continuano lo affollano sono prova vivente di quanto competenza e passione ben si sposino con il culto del Bello condiviso e partecipato.

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Essere nata in una città di antichissima origine mi ha portata sin da bambina ad apprezzare l’opulenza e il fasto dei palazzi d’epoca di cui anche Torino è ricca. Il mio immaginario è colpito soprattutto dalle ampie scalinate e dall’idea di  flusso continuo di umanità portatrice di pensieri, aspettative, emozioni. Un’energia vitale che si rinnova nei secoli perché è aspaziale e atemporale: è eterna e duratura.

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“Dov’è la festa?”, sembrerebbe suggerire questa immagine. Nonostante i tempi continuino a essere difficili e complessi per chi mette al centro del proprio mondo la Cultura in senso ampio, il pellegrinaggio dei tanti aficionados alla carta stampata e al potere della pagina scritta anche virtualmente è stato anche per quest’anno costante e continuo. A sprezzo  del caldo e delle tante file fatte anche per riempire una semplice bottiglietta d’acqua. Ci sono gratificazioni che non hanno concretezza di spessore tangibile ma che riempiono dentro saziando e nutrendo. Un libro è anche questo e val bene il sacrificio di questo tipo di pellegrinaggio.

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Di recente mi sono appassioinata allo studio della lingua giapponese iniziando tardivamente a occuparmi della cultura del sol levante. Un modo di concepire l’esistenza per certi versi controverso, certamente affascinante, in cui ogni cosa si contrappone spesso al suo esatto opposto invitando gli osservatori esterni come me a una riflessione puntuale, scevra da sovrastrutture, per procurarsi un’opinione personale e obiettiva. Non so se andrò mai in Giappone, ma un pezzo di questa terra è già dentro di me in un angolo protetto del mio cuore.

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Lucia Guida

NB: le foto di quest’articolo sono state interamente scattate dalla sua autrice nelle seguenti location: Quadrilatero di Torino,  Museo Egizio, Lingotto Fiere, Palazzo Barolo in Torino.

Un Libro ti cambia la vita

Un Libro ti cambia la vita.
Con me di sicuro lo ha fatto, regalandomi gioia e soddisfazioni infinite da bambina ottenne, dall’istante in cui ho scoperto che dono potesse essere la lettura leggendo il mio primo libro “da grande” a oggi, adulta fatta. Leggere di continuo mi ha permesso di lavorare di fantasia, sollevandomi da una realtà che facevo fatica ad accettare e che talvolta non capivo per portarmi in luoghi magici lontani fisicamente ma così vicini al mio sentire. A terminare in bellezza anche le giornate più faticose concedendomi qualche pagina di pura meraviglia. A mantenermi come autrice con i piedi ben piantati per terra: c’è sempre qualcuno da ammirare dal punto di vista scrittorio perché è stato in grado di guardarti dentro e di portare allo scoperto quello che faticavi ad ammettere.
Forse dovremmo scrivere meno libri e leggere molto ma molto di più. Lo dovremmo fare come forma di meditazione personale con l’entusiasmo e la voglia di migliorarci mettendo da parte un’autoreferenzialità che non aiuta mai a crescere. Compriamo libri dove più ci pare e regaliamoli alle persone a cui più teniamo invece di prestarli: perché un libro è un amico sincero e intimo e non va dato con facilità a terzi.
Leggiamo sempre e comunque tantissimi libri.
Non ce ne pentiremo, mai.
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In foto Lucia con una delle sue Bibbie, l’opera omnia di Wislawa Szymborska. Lo scatto è della bravissima fotografa Rossana Lamanna, dicembre 2018