Un pomeriggio al Kunstmuseum

Un viaggio a Basilea val bene la visita al KuMu, Il Kunstmuseum di città primo esempio di museo borghese svizzero esistente. E
Il mio personale resoconto di un pomeriggio di fine estate alla scoperta di una istituzione che raccoglie una collezione ricchissima ed estremamente composita di opere d’arte dal XV secolo ai giorni nostri capace di soddisfare il gusto di ciascun visitatore.
Con quest’articolo si apre per me una collaborazione da freelance con la rivista Mentinfuga che mi auguro sia lunga e proficua per entrambi
Buona lettura e a presto
Lucia

UN POMERIGGIO AL KUNSTMUSEUM DI BASILEA

Nutrirsi di Arte e Bellezza è il miglior alimento per una quotidianità che gratifichi tutti maggiormente. È probabilmente per questo motivo che la municipalità svizzera di Basilea fa pervenire ai nuovi residenti un carnet contenente il meglio di quanto una città di nuova residenza possa offrire a ogni suo nuovo abitante. Un segno tangibile di civiltà e un invito a guardare oltre, alla ricerca di ciò che possa rappresentare il meglio sempre.

Vorrei poter dire che dall’inizio è stato questo lo spirito con cui mi sono apprestata a visitare il Kunstmuseum di Basilea ma non sarei onesta. Ma la flessibilità mentale è fatta anche per ricredersi sulla prima opinione che in modo razionale formuliamo sempre su cose, persone e situazioni della vita, e questa particolare circostanza per me non lo è stata da meno. Ed è così che un momento di relax, ritagliato in un pomeriggio estivo in cui ero in visita per la mia terza volta nella città capitale dell’omonimo cantone si è trasformato in pura meraviglia.

Il Museo d’Arte di Basilea, Kunstmuseum Basel per i locali, è un concentrato di magnificenza artistica a partire da XV secolo e a terminare in età contemporanea. Difficile non trovare un’opera che non sia nelle corde di ciascun visitatore: la ricchezza espositiva la fa da padrone ma in maniera sobria, senza ostentazione. Le molte sale collocate in tre siti diversi e arricchite da circa 300.000 capolavori incontrano il favore di ogni visitatore permettendogli di fare un viaggio nel tempo equilibrato fatto anche di fisicità e movimento, poiché il museo è strutturato su più piani e livelli oltre che in due distinti edifici posti l’uno di fronte all’altro in stretta connessione attraverso un corridoio comunicante sotterraneo che lega lo Haupbau al Neubau. La storia di questo museo antico è altrettanto singolare. Nasce nel 1661 come collezione privata della famiglia di incisori e stampatori Amerbach che la mette a disposizione della collettività dieci anni dopo facendola diventare il primo esempio di museo borghese al mondo caratterizzato da acquisizioni recenti in continuo ampliamento. La mia emotività e le mie scelte di pancia, da mera profana, si sono tutte concentrate

nel Gegenwart, la sezione di arte contemporanea, che incontra appieno la mia sensibilità stuzzicata tuttavia dalla grande offerta di impareggiabili contributi artistici forniti anche nei due su menzionati siti.

Nel fotografare i dipinti e le opere per me più significativi per conservarne memoria tangibile ho avuto davvero l’imbarazzo della scelta, perdendomi tra i tanti grandi artisti come una bambina d’antan che non sa cosa privilegiare in un negozio di dolci o giocattoli. La mia immaginazione si è persa anche alla vista dei giochi di chiaroscuro dei raggi di sole filtrati attraverso le imposte socchiuse e riflessi sul tendaggio chiaro che orna molte delle ampie finestre della costruzione: una chicca extra nella mise en place, se mi si lascia passare l’espressione, fatta con sapienza dai curatori forsanche per permettere al visitatore sorpreso da tanta abbondanza di genialità di stemperare la propria attenzione attingendo a piccoli particolari evocativi prima di continuare con rinnovata energia nell’esplorazione di questo unicum artistico spazio-temporale.  Potrei citare qualcuno degli Artisti in esso collocati ma mi sembrerebbe di fare quasi un torto alla maestria degli altri. Posso solo dire che Impressionismo, Cubismo, Espressionismo ma anche Dadaismo, Surrealismo, Costruttivismo, Pop Art e Minimalismo, Modernismo Classico, la stessa arte rinascimentale rappresentata dai capolavori fiamminghi dell’Alto Reno convivono con grande saggezza a poca distanza gli uni dagli altri con le esposizioni temporanee offrendo a tutti attraverso il loro percorso tematico un messaggio di chiara inclusività non semplicemente artistica. Un invito a praticare Bellezza senza preclusioni o pregiudizi di sorta, ribadito dall’idea felice di alternare alla sobria impostazione strutturale museale che è propria dell’intera struttura un bistrot collocato nel cortile interno del KuMu che fa anche da cornice a gradevoli eventi musicali dal vivo.

Potrei concludere affermando che questa Istituzione rappresenta un ottimo biglietto da visita per i nuovi abitanti e per i tanti ospiti di passaggio di questa città svizzera internazionale e dalla vocazione molto europea, protesa nel futuro ma pregna di memorie passate e di richiami concreti ed efficaci al presente.

Un augurio di benvenuto che ha la leggerezza dell’adesivo rosa che funge da biglietto ricevuto all’ingresso con la preghiera di apporlo ben visibile sugli abiti; il mio rigorosamente ad altezza di cuore, e non avrebbe potuto essere diversamente.

Lucia Guida

Kunstmuseum Basel | Hauptbau, St. Alban-Graben 16, 4010 Basel

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Courtesy of Basel KuMu, shot by Mark Niedermann (2022)L’articolo originale è qui 

Ricette d’autore: torta nuvola alla zucca

Tempo d’autunno e tempo di cibi homemade in puro stile comfort food. La mia ricetta per voi, sperimentata e realizzata di recente mescolando procedimenti di varia provenienza, è quella di una morbidissima torta alla zucca da gustare con una buona tazza di té o cioccolata calda o al mattino a colazione. O, magari, anche talvolta a fine pasto quando la voglia di qualcosa di dolce si fa sentire  con più imperiosità del solito. Buone cucinette e a presto

Lucia

Torta nuvola alla zucca

Ingredienti:

  • 130 gr di zucca già pulita e privata della buccia
  • 145 gr di farina 00 per dolci
  • 60 gr di farina di mandorle o di mandorle sminuzzate finemente da voi
  • 50 ml di olio di semi di mais
  • 40 ml di latte (io ho usato quello senza lattosio, ma se preferite potete mettere anche quelo intero, scremato o altro)
  • 110 gr di zucchero semolato bianco
  • 3 uova medie
  • due terzi di lievito per dolci in bustina
  • la buccia grattugiata di un limone o un’arancia bio
  • 2 cucchiai di arancello o di un liquore a base di arancia
  • un pizzico di sale
  • zucchero a velo per decorarne la superficie

Preparazione

Frullare i pezzi di zucca con il latte e l’olio di mais sino a quando non si è ottenuta una crema uniforme. A parte montare a neve ferma gli albumi con due cucchiai dello zucchero in precedenza pesato e un pizzico di sale; con i tuorli, invece, preparare in un altro contenitore una miscela ottenuta amalgamando bene lo zucchero rimasto e la buccia grattugiata dell’agrume prescelto. In una coppa versare, quindi, la cremina di zucca mescolandola con delicatezza agli albumi già montati aggiungendo alla fine il liquore. Per evitare che il composto si sgonfi inserire pian piano le farine di grano e di mandorle utilizzando una spatola dal basso verso l’alto. Ottenuta una miscela omogenea, versarla in uno stampo di cm 24 in precedenza imburrato e infarinato che verrà messo in forno preriscaldato a 170° per circa 30′ (io consiglio di saggiarne la cottura alla fine del tempo inserendovi uno stecchino: se ne fuoriesce asciutto il dolce è pronto, altrimenti bisognerà aggiungere qualche altro minuto).  Aspettare che la torta si raffreddi del tutto quindi trasferirla in un piatto e cospargerla di zucchero a velo sulla superficie.
Buon appetito a tutti!
Enjoy!

fetta

Per andare oltre con “Oltre”: Lucia ci parla del suo ultimo libro “Oltre la porta socchiusa” in Associazione Culturale Gigino Braccili



Non è semplice parlare di sè da un punto di vista scrittorio perorando la bontà o comunque pianificando in prima persona il lancio dell’ultimo libro pubblicato attraverso un articolo che parli delle peculiarità di quest’ultimo perché il pericolo di mostrarsi al pubblico dei lettori debordante in termini di autoreferenzialità è sempre in agguato. È ciò che ho subito pensato quanto Umberto Braccili, giornalista di grande caratura professionale e morale, mi ha proposto di farlo attraverso le pagine del sito portavoce dell’Associazione Culturale intitolata a suo padre Gigino di cui è amministratore attento. Il suo portale, per il quale anch’io in passato ho scritto con grande piacere, è seguitissimo. Ho, quindi, accettato la sfida con un po’ di batticuore sperando con tutta me stessa di non indulgere in sbavature di tipo emotivo e sentimentale.
A presto

Lucia     

Lucia ci parla del suo ultimo libro “Oltre la porta socchiusa”

di Lucia Guida

Quale potrebbe essere la procedura più efficace per parlare di sé stessi e delle proprie produzioni letterarie? Forse la stessa utilizzata per descrivere a qualcuno un figlio? Una sorta di orgoglio malcelato, tutto materno e umanamente comprensibile e per certi versi condivisibile, cercando di mantenere una giusta e doverosa patina di obiettività? È quello che ho pensato quando Umberto Braccili mi ha proposto di parlare nel suo blog dedicato alla memoria di suo padre Gigino di “Oltre la porta socchiusa”, mio quarto romanzo e terzo di una trilogia iniziata nel 2016 intitolata “Prospettive Urbane”. Sesto in ordine di arrivo dopo, come già annunciato, altri romanzi e due sillogi, una di racconti e una di poesie.

È con questo stato d’animo ambivalente che mi appresto in questo compito per certi versi difficile. Potrei iniziare dicendovi che per una madre un nuovo figlio riceve la stessa quantità di amore destinata a quelli che lo hanno preceduto per nascita e non sbaglierei affatto. Aggiungerei anche che la stesura di “Oltre” è stata assai ponderata, forse più degli esemplari precedenti. Ha risentito della stasi del periodo pandemico. Un lasso di tempo che mi ha privata di idee, entusiasmo e voglia di fare, scrittoriamente parlando, spingendomi istintivamente su altri versanti creativi: quelli caratterizzati da un’operosità concreta, silenziosa, di tipo manuale permeati di pensiero profondo che non necessita di manifestarsi in superficie ma che pure c’è e ha il suo preciso peso specifico.

Già da allora sentivo l’urgenza di portare a termine la trilogia di cui sopra iniziata con “Romanzo Popolare” (2016) di Amarganta, una storia di famiglie amiche, di vicissitudini liete e tragiche narrata in un decennio d’antan compreso tra il 1965 e il 1975 e ambientato nel popoloso quartiere di San Donato a Pescara; continuata in un condominio di semiperiferia di epoca contemporanea, una palazzina liberty fulcro delle storie dei suoi abitanti diversi gli uni dagli altri, punti di forza e punti di debolezza, raccontata in “Come gigli di mare tra la sabbia” (2021), Alcheringa. Era arrivato il tempo di stringere ulteriormente il cerchio: di andare in profondità e parlare del microcosmo di Alice Bellucci, 45 anni, di bell’aspetto e belle speranze, donna alla ricerca di un baricentro esistenziale e affettivo-sentimentale. Delle sue giornate lunghe a dismisura ritmate da una lenta opera di riabilitazione psicofisica.

Delle sue speranze, delle sue disillusioni, della sua volontà e caparbia nel volersi riappropriare di un’autonomia personale messa a dura prova da un grave incidente automobilistico. Degli uomini da lei incrociati che difficilmente accettano di svelarsi per ciò che sono e sentono realmente, di affetti familiari certi che restano quando tutto il resto svanisce; di lavoro e precarietà; di un paio di occhiali dalle lenti appena scurite, non più rosa, che permettono alla protagonista di percepire il quotidiano per ciò che è e rappresenta in concreto. Certamente con buona dose di resilienza che non è mai accettazione passiva di tutto ciò che ci accade o che ci potrebbe capitare. 

Scatto della fotografa Cristiana Greco, presentazione di "Oltre la porta socchiusa" (2024) Arkadia del 7 settembre 2024 al Ritrovo del Parrozzo di Pescara

Potrei dirvi moltissimo altro ancora. In fondo, lo dicevamo poc’anzi, a una genitrice fiera della propria progenie piace parecchio parlarne a terzi. Vi invito, invece, a leggere questa narrazione reperendola in web su uno dei tanti portali librari o, ancora meglio, a richiederla nella vostra libreria preferita. A entrare nella prospettiva di Alice, sopravvissuta e vincitrice laddove è stata ampiamente anche vinta e sopraffatta dalle circostanze dell’esistenza, ha pianto, si è disperata, ha temuto per sé stessa.


Soprattutto di venirmi a sentire nelle presentazioni che farò a breve (la più vicina nel tempo è programmata per sabato 7 settembre a Pescara, ore 17,30 al “Ritrovo del Parrozzo”, ma ce ne saranno tante altre a seguire).  Per un autore, al di là delle vendite di un libro (che di sicuro “fanno classifica”) la cosa forse più importante, pregnante, è quella di essere ascoltati. Di contraltare con il pubblico di lettori e potenziali lettori. Di incontrarsi sul filo empatico dell’affabulazione: un processo meraviglioso  che è fatto di dare e avere in misura eguale. Uno scambio di energia notevole, anche in caso di opinioni contrastanti.

Vi avevo promesso di essere poco celebrativa, spero di essermi decorosamente attenuta ai patti e di avervi incuriositi. Confidando di averli prossimamente con me ringrazio di cuore per la pazienza mostrata tutti coloro che hanno scelto di restare in mia compagnia in questi cinque  minuti di lettura silenziosa. 

Sinceramente vostra,

Lucia

Lucia Guida, “Oltre la porta socchiusa” (2024) Arkadia Editore

ISBN 978 88 68514969    € 16,00

https://luciaguida.wordpress.com/

http://www.arkadiaeditore.it/lucia-guida/

britti

In foto da sinistra a destra Daniela D'Alimonte, Lucia Guida, Umberto Braccili ed Edmea Marzoli in occasione della prima presentaziode di "Romanzo Popolare" al Centro britti in Pescara (2016). Scatto di Luciano Onza

È possibile leggere in originale l’articolo qui 

Reading Tips: “Come un fiore di ciliegio nel vento” di Etsu Inagaki Sugimoto e “La moglie di Dante” di Martina Marazza

Ultima bi-recensione estiva di autrice-lettrice con altri due titoli letti da me per voi.
A presto
Lucia

Come un fiore di ciliegio nel vento di Etsu Inagaki Sugimoto

Etsu Inagaki Sugimoto, protagonista del libro che è la fedele trasposizione scrittoria della sua vita, è la figlia di un samurai giapponese da quest’ultimo sin da piccola educata alla rigida disciplina che l’appartenenza a tale categoria comporta, cresciuta nella fede buddista da un precettore bonzo che la avvia alle lettere con rigore nell’ottica di farla diventare in futuro una sacerdotessa. Vive con la sua famiglia  a Nagaoka, nel nord del paese, in una comunità rimasta fedele agli usi e ai costumi nipponici più tradizionali. Da questo luogo ideale Etsu si separerà all’indomani della morte di suo padre per sposare Matsuo a lei destinato dalla famiglia rappresentata da suo fratello. Il suo futuro marito, di origine giapponese ma cittadino americano a tutti gli effetti, ha piacere che lei si trasferirsca da lui negli States. Etsu inizierà pia piano ad avvicinarsi a Tokyo, studiando in una missione cristiana la lingua inglese e apprendendo i primi rudimenti di un sistema di vita sconosciuto rispetto a quello a cui è stata esposta sin dalla nascita. Grazie all’amorevolezza di Matsuo e della madre americana riuscirà a trascorrere nella sua nuova patria in serenità anni preziosi per la sua formazione con l’apertura mentale di chi intraprende il viaggio senza remore alcune. Capace di accogliere in sé senza discriminazioni di sorta due culture solo all’apparenza distinte e antitetiche e di educare le sue figlie Hanano e Chyio con grande sapienza e lungimiranza tanto da farle diventare  vere cittadine del mondo, al di là di un titolo italiano leggermente fuorviante (originariamente era “The Daughter of the Samurai” appena edito nel 1929) che rende solo in parte il senso di un’opera di grande portata, costruita in perfetto equilibrio su scuole di pensiero, azione e stili di vita di concezione diversa per rappresentare un’era storica altrettanto ricca di trasformazioni per il Paese del Sol Levante.

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Etsu Inagaki Sugimoto, Come un fiore di ciliegio nel vento, ISBN 9788809971684

La moglie di Dante di Martina Marazza

Un vecchio adagio parla in maniera ricorrente di quanto un uomo che ce l’ha fatta debba alla donna che gli ha guardato le spalle. Sarebbe tuttavia profondamente ingiusto parlare in questi termini di Gemma Donati, nobile fiorentina data in sposa a Dante Alighieri giovanissima. “Testa di Ruggine” sa leggere, scrivere e far di conto, ha opinioni personali che trova modi di comunicare alle persone di famiglia con grande schiettezza e attraverso la narrazione che la Marazza ci restituisce è ben decisa a vivere di luce propria e non semplicemente nel cono d’ombra di un marito poeta, assai colto e attivamente partecipe alla vita politica della sua città natale. Ed è ciò che fa nel momento in cui Dante, che ha ricoperto il ruolo di Priore, vittima di ingiuste accuse di natura politica, deve riparare altrove per poter sfuggire ai suoi detrattori. Cresce in modo impeccabile quattro figli, ne perde una neonata. Continua a pensare a colui che ha scelto come suo compagno in termini di grande affetto nonostante le tante prove in solitaria affrontate con grinta e tenacia e il lungo periodo di esilio a cui questi è stato condannato e che gli impedirà in vita di rientrare nella sua amata città. Le vicende narrate in prima persona dalla protagonista si delineano in  34 capitoli racchiusi in tre ampie sezioni coprendo un arco temporale che va dal 1285 al 1340, La narrazione tiene avvinto il lettore in maniera costante e lo porta con naturalezza alla fine di questa storia corposa che conta più di cinquecento pagine costellate da pagine di grande suggestione descrittiva ma anche notizie attinte dalla scrittrice inerenti la genesi delle principali opere del Sommo Poeta, Divina Commedia inclusa.

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Martina Marazza, La moglie di Dante ISBN 9788828206422

Quattro chiacchiere con Lucia Guida oltre la porta (socchiusa), intervista di Mario Borghi

In attesa dell’imminente prossima presentazione di “Oltre” rebloggo qui la bella intervista di Mario Borghi, scrittore e critico sul suo blog di lettura e scrittura. Come di sua tradizione Mario non ha badato a spese, rivolgendomi domande estremamente mirate formulate con precisione chirurgica.
L’intervista completa la trovate in originale qui


A presto




QUATTRO CHIACCHIERE CON LUCIA GUIDA OLTRE LA PORTA (SOCCHIUSA)

Ho letto la terza opera di Lucia Guida e, prima di scriverne, ho voluto scambiare con lei qualche parola.
Lucia, sempre garbata e gentile, ha accettato.

Lucia, ci conosciamo da anni, ma l’ultima volta che ci siamo sentiti “ufficialmente” sul mio blog, è stato circa dieci anni fa. Cosa è successo nel frattempo?

Ciao, Mario. In questo decennio ho pubblicato per altre tre case editrici, (Amarganta, Alcheringa e di recente Arkadia, curioso che inizino tutte per A… ), ho preso un master in italianistica, studiato parecchio per una selezione professionale. Letto tantissimo (secondo me, oltre che un piacere infinito è preciso dovere di un autore farlo in modo sistematico). Scritto tre romanzi: Romanzo Popolare, Come gigli di mare tra la sabbia e Oltre la porta socchiusa, una silloge di poesie in versi sciolti, “Interlinee”. Ho anche accettato di collaborare con piccoli contributi in prosa e poesia per antologie di autori vari. Recensito libri come freelance. Ho soprattutto riflettuto moltissimo sull’editoria contemporanea e sulla strada da quest’ultima di recente intrapresa, idealizzandola molto di meno che agli inizi. Provato a scrivere con maggior cognizione di causa (spero) e con il giusto ritmo, continuando a sondare con attenzione tutto ciò che mi circonda, dalle iscrizioni sul muro di cinta del parco che oltrepasso ogni giorno per andare al lavoro sino a ciò che mi tormenta ad altezza di cuore e di testa. Soprattutto non ho mai dato niente per scontato  mettendomi di continuo in discussione; ho con serenità anche valutato la possibilità di continuare a scrivere e di quanto questa cosa potesse ancora incidere nel mare magnum dei libri che continuano a essere stampati.

Da poco è arrivato il tuo Oltre la porta socchiusa, edito da Arkadia, sotto lo sguardo severo e inflessibile di Patrizio Zurru. Prima domanda: l’autrice da che parte guarda rispetto a quella porta? E cosa rappresenta quella porta?

Intanto permettimi di fare un plauso al team di SideKar, la collana per cui ho esordito in Arkadia coordinata da Patrizio Zurru, Mariela Peritore Fabbri e Ivana Peritore Fabbri che mi hanno scelta e continuano a seguirmi con grande e doverosa attenzione anche in questi primi passi del post pubblicazione. Attraverso una qualsiasi porta metaforicamente socchiusa io guardo sempre con diligente circospezione, chiamiamola così. Sono, cioè, sempre d’emblée propensa a cogliere il senso di apertura che una nuova circostanza mi prospetta. Da bravo acquario la cosa mi entusiasma parecchio ma poi nella fase successiva passo tutto con accuratezza al vaglio della ragione. Se, infatti, per me è importante mantenere sempre uno spiraglio di disponibilità è altrettanto però necessario provare a intravedere al di là delle apparenze. Caratterialmente è raro che chiuda in maniera definitiva porte ma quando lo faccio non torno più sui miei passi.

In questo romanzo si muovono due sorelle l’una l’opposto dell’altra e due uomini, anch’essi l’uno l’opposto dell’altro (oltre a un terzo uomo, marito di una delle sue sorelle). Come mai questa scelta?

Senza farne un romanzo corale ho provato a sondare l’animo umano da varie prospettive, da quella più solare e luminosa a quella decisamente più dark. Del resto, la realtà di tutti i giorni ci propone di continuo modelli variegati di comportamento e tipologie di umanità assai differenti le une dalle altre; conoscere significa anche prevenire, come un vecchio slogan un tempo recitava. L’esperienza è una grande maestra, va coltivata. Ed è sbagliato pensare (e concepire anche scrittoriamente) il mondo in termini di bianco in contrapposizione al nero. Il male esiste, è molto più diffuso di quanto non si pensi perché secondo me si nutre e prolifera anche grazie a una certa passività, all’indifferenza e alla superficialità da tanti praticata. Non mi interessa e quindi non vedo. Poi però mi stupisco se la quotidianità è piena di situazioni limite, per me inconcepibili. Dovremmo imparare nuovamente a praticare l’empatia, a provare a metterci poco alla volta nuovamente nei panni degli altri. E invece troppo spesso tiriamo dritto per comodità, per pigrizia.

La tua opera tocca alcuni argomenti, purtroppo, hot di questo periodo: stalking, femminicidio, condizione della donna, e altro. Come ti poni, nella tua vita, di fronte a queste problematiche?

In maniera estremamente assertiva, di manifesta condanna. Lo stalker e il femminicida per me non hanno scusanti né giustificazioni di nessun tipo. Bisognerebbe ricordarlo di più a qualche giornalista malato di benaltrismo che continua con pervicacia a parlare di “drammi d’amore” (sic!) in questioni in cui c’è un palese abuso di questo termine. Chi ti vuol realmente bene vuole per te il meglio a costo di sacrificare sé stesso rinunciando a un sentimento che non ha più rispondenza nella controparte. Limitare a qualsiasi titolo la libertà dell’altro è un delitto. Ciascuno di noi ha il sacrosanto diritto di poter cambiare idea in qualsiasi momento: in amore, in amicizia, nei rapporti di lavoro. I comportamenti debordanti non sono mai indice di equilibrio. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui il voyerismo attraverso il web e i social ha trovato una sorta di consacrazione. Ciascuno di noi deve, a mio avviso, poter conservare una zona di propria ed esclusiva pertinenza e poter scegliere se permettere a qualcuno di accedervi o no. L’ho già detto e lo ripeto: pensare che una persona possa essere “cosa totalmente nostra” con atteggiamenti marcati di possesso non va bene. Chiedere rispetto per darne altrettanto a chi abbiamo di fronte è un atto dovuto, profondamente umano, e quindi da coltivare e incentivare in qualsiasi ambito.

Cosa ci racconti della genesi di questo romanzo? Senza paura di spoilerare, posso dire che inizia con un brutto incidente stradale, apparentemente “casuale.

Nel prologo, la protagonista, Alice Bellucci, resta vittima di un incidente che ne mette a repentaglio la vita. Quanto sia di sua responsabilità l’accaduto o debba ascriversi ad altro lo scoprirà il lettore nel prosieguo della storia… Posso soltanto dire che a volte il peggio arriva per aiutarci a sovvertire un ordine percepito e agito negativamente in vista di un bene maggiore futuro. Chiariamo: non è giusto accettare supinamente tutto ciò che di avverso e contrario ci accade, ma forse potrebbe esserci di conforto riflettere sulle potenzialità che anche il momento peggiore della nostra vita in nuce possiede. Oggi vado di adagio in adagio, e quindi potrei dirti che “non tutto il male viene per nuocere”, ad avere occhi per ben vedere…

Le due sorelle: una estroversa, sempre attiva, un po’ invadente, dinamica e sempre di classe; l’altra esattamente l’opposto. Interagiscono e spesso il lettore percepisce un certo fastidio da parte della seconda nei confronto della prima (che, detto fra noi, vorrebbe solo aiutarla). Tu da che parte stai? Voglio dire: l’aiuto di cui una persona, e nella fattispecie una donna, come andrebbe gestito?

Alice trova eccessiva la volontà ferrea di Betty di collocarla sentimentalmente parlando, però poi cede di continuo alle sue profferte e partecipa alle occasioni d’incontro da questa preconfezionate con uomini papabili a ricoprire il ruolo di fidanzati della sorella. A me non è mai capitato che qualcuno si prodigasse in tal senso per me. Sono, quindi, indulgente nei confronti di Betty che per affetto vorrebbe un happy ending affettivo-relazionale per tutti ma strizzo l’occhio in maniera solidale ad Alice. Non è peccato camminare in solitaria se al momento non hai avuto la possibilità di farlo con una persona che ti piaccia davvero, che ti sia affine e con cui hai voglia di procedere di pari passo

Abbiamo anche uno stalker, te lo chiedo secco: hai mai avuto a che fare con uno di loro? La tua descrizione di questo personaggio è talmente fatta bene che il lettore rimane perplesso.

Le relazioni vissute a ridottissima distanza non hanno mai fatto per me, probabilmente perché sono stata cresciuta da genitori iperprotettivi che in nome dell’affetto che per me nutrivano pretendevano di conoscere (e per certi versi dirigere) la mia vita. D’istinto scappo da tutto ciò che percepisco come soffocante, eccessivo perché penso che un sentimento autentico non sia fatto di controllo continuo ma di fiducia reciproca e di rispetto reale, come ho già espresso.  Una persona a me assai vicina ha avuto a che fare con un’altra persona che le ha rivolto attenzioni eccessive perché non accettava la fine della loro relazione. È stato un periodo pesante e profondamente infelice per tutti coloro legati alla questione più o meno indirettamente. Lo stalker di Alice, tuttavia, si muove nell’ombra all’insaputa della sua vittima sino alla fine. Siamo nel patologico conclamato. Per descrivere in maniera accurata questo stato di cose estremo e particolare mi sono andata a documentare leggendo studi scientifici sull’argomento e chiedendo un parere a chi queste dinamiche per professione le affronta quotidianamente. Mi lusinga che il principio di verosimiglianza sia stato pienamente rispettato: volevo provare a mettere nero su bianco i meccanismi che scattano nella mente di un individuo ossessionato da un suo simile. Probabilmente la mia sensibilità anche scrittoria e l’amore per il particolare hanno fatto il resto, ma ti assicuro che di autobiografico c’è davvero poco. Fortunatamente, aggiungo.

Riesci a descrivere scene e situazioni “forti” e “piccanti” sempre senza eccedere nel linguaggio e usando sempre un registro privo di termini volgari. Ci sveli il tuo segreto? E dire che sei insegnante e, anche non volendo, in classe credo che tu senta di tutto (e ti venga da rispondere per le rime).

Io credo che una scena di sesso non abbia bisogno di esser illustrata nei minimi particolari se questi non sono indispensabili all’economia della narrazione, a meno che io non sia un’autrice di  narrativa erotica. Deve, quindi, essere funzionale all’intreccio quanto basta, senza esagerazioni. Così anche nelle scene di contrappunto a quelle di Alice dedicate all’operato del suo stalker. Anche in questo caso non penso aggiunga una virgola in più di realismo esagerare nella ”mise en place”, diciamo così. Reputo sia il contenuto a farla da padrone più che il contenitore.
In classe come prof cerco di mantenere sempre un linguaggio e un comportamento ortodossi: se redarguisco una studentessa per un capo di abbigliamento forse più consono per una serata in discoteca o con gli amici che per un’occasione di lavoro a scuola cerco di vestirmi adeguatamente anch’io, altrimenti dal punto di vista educativo la mia richiesta di riflessione da parte sua non avrebbe senso. Ricordo anche di continuo che le imprecazioni peggiori le conosco benissimo e talvolta in privato le uso specie se arrabbiata ma ho troppo rispetto per il luogo in cui mi trovo e per loro stessi per esprimermi così anche in pubblico


Prima di concludere e di dedicarmi a una recensione, ti chiedo a quale fascia di pubblico e di età consiglieresti il tuo libro.

Credo che tutti i miei romanzi, dal primo all’ultimo, siano più adatti a un pubblico maturo, non tanto per le descrizioni elaborate con quello che tu hai definito “garbo” quanto invece per gli argomenti trattati. In ogni caso sottolineerei comunque l’importanza per un ragazzo in crescita del supporto e del filtro di un adulto di riferimento anche in ambito di lettura. Lo dico senza inutili pruderie e in qualità di educatrice, visto che ne abbiamo parlato poco fa. Ricordo con tenerezza di aver letto Flaubert o i romanzi di Colette di nascosto, prendendoli dalla libreria di mio padre a quattordici anni perché sapevo di attingere a qualcosa di artisticamente ineccepibile ma di proibito, di certo non adatto a un’adolescente. Forse mi sarebbe stato di grande aiuto avere accanto una persona di esperienza di famiglia pronta all’ascolto e al dialogo a cui comunicare con fiducia, apertamente, le tante impressioni suscitate in me da entrambi gli autori    

Grazie Lucia, ad maiora.

L’autrice
Nata a San Severo, abita e lavora a Pescara, città in cui insegna Inglese. Nel 2012 ha esordito con la silloge di racconti Succo di melagrana. Storie e racconti di vita quotidiana al femminile, menzione speciale al Premio Nazionale “Donne e così sia” (2014). Nel 2013 pubblica il suo primo romanzo La casa dal pergolato di glicine, premiato alla XIV Edizione del Premio Internazionale “Val di Vara-Alessandra Marziale” e al Concorso Letterario Nazionale “Urbe Parthenicum” (2015). Segue Romanzo popolare (2016), vincitore di diversi premi letterari di prestigio. Ha inoltre pubblicato la silloge di poesie Interlinee (2018). Con Come gigli di mare tra la sabbia (2021) è stata tra i finalisti del Premio Internazionale Samnium, riportando la menzione d’onore nei Premi Internazionali Cygnus Aureus e Navarro nel 2022 e la segnalazione nel IV Concorso Letterario Tre Colori per la sezione Bianco Avorio opere edite. Già curatrice di rubriche letterarie su siti di arte, musica e spettacolo, al momento si occupa di un blog sulla piattaforma WordPress e di alcune pagine su Facebook di scrittura e lettura dedicate ai suoi libri e alla propria attività di autrice. Per Arkadia Editore ha pubblicato Oltre la porta socchiusa (2024).

Mario Borghi

13220638_1142426682476639_7379951671705840034_oCon Mario Borghi al SalTo 2016




“Oltre la porta socchiusa”, Arkadia, di Lucia Guida – recensione di Libroguerriero

Per “Oltre” nuova recensione di Libroguerriero a cura di Paola Rambaldi.
Buona lettura e a presto
Lucia 

 

Reading Tips: “La bella estate” di Cesare Pavese e “Come l’arancio amaro” di Milena Palminteri

La mia piacevolissima maratona estiva di autrice-lettrice prosegue con altri due titoli letti da me per voi.
A presto
Lucia

La bella estate di Cesare Pavese

Ginia è una ragazza avida di vita. Lavora in una sartoria e vive con suo fratello Severino che le vuol bene e le dà ampia libertà ma sogna una vita più densa di emozioni. Fa amicizia con una modella più grande di lei, Amelia,  e per il suo tramite con due pittori,  Rodrigues e Guido. Di quest’ultimo s’innamora diventandone l’amante e varcando definitivamente il confine che la porterà verso un’età adulta molto più disincantata e scabra. Il romanzo di Pavese, quasi un racconto lungo, attrae il lettore perché non segna mai il passo ma procede spedito nella narrazione. La partecipazione alle vicissitudini della ragazza, a tratti scaltra e disinvolta ma fondamentalmente permeata da un’ansia di provare nuove emozioni che evidenzia in pieno la sua fragilità, è d’obbligo. La città di Torino, protagonista su un piano parallelo ma non meno importante, assiste a questa lenta evoluzione della giovane in silenzio, senza parteggiare per nessuno, offrendo a chi legge un’idea di metropoli non tentacolare ma distratta, asettica. Una palestra di vita in cui non c’è posto per un processo di identificazione empatica.

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Cesare Pavese, La bella estate, ISBN 9788867582303


Come l’arancio amaro di Milena Palminteri

In una Agrigento in pieno boom economico (siamo nei primi anni sessanta) Carlotta, giovane laureata in giurisprudenza che ha messo nel cassetto il suo sogno di diventare avvocato seguendo l’amorevole consiglio del suo mentore, l’anziano zù Pippino, avvocato stimato e familiare acquisito, e impiegandosi nell’Archivio Notarile. Per un insieme di circostanze scartabellando al lavoro dei documenti viene a conoscenza della sua reale origine: è, infatti, figlia illegittima di Sabedda, parte della servitù di notabili di Sarraca e del figlio dei suoi datori di lavoro Stefano, ceduta dalla ragazza madre a Nardina, ricca e di recente divenuta per matrimonio baronessa Cangialosi, che non può avere figli per preservare la sua unione insidiata dai maneggi della suocera che non l’ha mai accettata. La storia, molto articolata, si snoda nel ventennio fascista per arrivare all’epoca presente, collocata dalla sua creatrice vent’anni dopo, alternando a una narrazione contemporanea in corsivo che reca traccia potente dell’indole ribelle di Carlotta, una parallela disvelatrice attenta degli antefatti. Il linguaggio è a metà tra l’italiano e il dialetto siciliano ma comprensibilissimo e vera punta di diamante dell’opera in cui si snoda in armonia e coerenza. L’intreccio, promettente sin dall’inizio, conduce il lettore  alla fine in una tensione che si mantiene costante e non conosce cadute di tono. Con una conclusione che è di riscatto e speranza per Carlotta e per Sabedda, la donna che in silenzio l’ha amata e protetta sino agli ultimi suoi giorni lavorando duramente per la propria emancipazione e quella della sua picciridda.

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Milena Palminteri, Come l’arancio amaro, ISBN 9788830110373

“Oltre la porta socchiusa” on the road, le presentazioni

La fatica di scrivere un libro non si esaurisce con la sua pubblicazione anche se fatta con una casa editrice meritevole e attenta. Continua con la sua pubblicizzazione, se è vero che in base a una riflessione universalmente condivisa da addetti ai lavori e non un libro di modesta portata propagandato con strategie di marketing efficaci conoscerà notorietà e successo molto più di un’opera di buon livello che è stata al contrario poco diffusa e altrettanto poco promossa.
Come per le altre mie produzioni scrittorie in passato anche per “Oltre la porta socchiusa” di Arkadia, in concomitanza con la sua uscita si è aperta a luglio 2024 l’epoca delle presentazioni  che continueranno felicemente sino a quando autrice e casa editrice non si troveranno concordi nella loro pianificazione.
Ho, quindi, deciso oggi di creare un post che ha un inizio certo ma che non ha una fine prestabilita in cui chi vorrà potrà seguire Lucia e la sua ultima produzione letteraria lungo l’intero tragitto. In realtà avevo già percorso questa strada ideandola e concretizzandola qui su WP per i miei primissimi libri da solista e quindi non è proprio un’idea originalissima ma certamente si presta a illustrare e a far comprendere a terzi  il percorso lungo, a volte segnato da imprevedibili rallentamenti o tortuosità talvolta indipendenti dalla volontà dei partecipanti a questo processo, di sicuro ponderato. Perché se è vero che l’importante è parlare di un’opera è altrettanto sacrosanto farlo in buona compagnia. Con quel briciolo di amore e di passione indispensabili in ogni atto creativo che fanno sempre la differenza, lo sottolineo per amor di verità perché credo sia realmente così che in quest’ambito le cose funzionino.
Buona visione a tutti e a presto

Lucia

Rassegna Letteraria “Autori in Piazza”
Chieti, Largo Martiri della Libertà, venerdì 12 luglio 2024

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Con Silvia Elena Di Donato

Estate a Chieti, Salotti Letterari
Palazzo Martinetti-Bianchi, 6 agosto 2024

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Con Kristine Maria Rapino

Pescara, Il Ritrovo del Parrozzo
Sabato 7 settembre 2024

Foto di Paula III

Con Rita Pelusi e Giancarlo Giuliani

Pescara, Associazione Culturale “Amare PESCARA”

Sabato 26 ottobre 2024

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Con Rita Pelusi e Piacentino D'Ostilio

Francavilla al mare (CH), Biblioteca Comunale A. Russo

 Sabato 30 novembre 2024

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Con Arianna Di Tomasso

Roseto degli Abruzzi (TE), Libreria La Cura

Venerdì 17 gennaio 2025

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Con Umberto Braccili

Pescara, Biblioteca Emilia Di Nicola

Sabato 22 febbraio 2025

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Con Assunta Altieri

Torino di Sangro (Ch), Biblioteca Comunale “C. De Mia”
Sabato 8 marzo 2025

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Con Lorella Lusi e Rosanna Di Matteo e con il sindaco Nino Di Fonso

Pescara, libreria Feltrinelli 

Giovedì 20 marzo 2025

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Con Arianna Di Tomasso

Pescara, Spazio Donna WeWorld
Mercoledì 16 aprile 2025

Con Arianna Di Tommaso

Squilibri OFF, foyer dell’Auditorium Sirena di Francavilla al mare (CH)
Giovedì 12 giugno 2025

con Antimo Amore 



 
Rassegna  “Gelati Letterari”, terrazza dello Stabilimento La Playa in Pescara

Giovedì 17 luglio 2025

 

Con Manola Di Tullio